L’uomo che uccise Don Chisciotte – 2018

“Altro non presentavasi alla sua immaginazioni che incantamenti, contese, battaglie, disfide, ferite, concetti affettuosi, amori, affanni ed impossibili avvenimenti: e a tal eccesso pervenne lo stravolgimento della fantasia, che niuna storia del mondo gli pareva più vera di quelle ideate invenzioni che andava leggendo.”

Quando due follie visionarie si incontrano, il risultato può essere o un ottimo lavoro o qualcosa di indigeribile.
“L’uomo che uccise Don Chisciotte” riesce a piazzarsi vicino, molto vicino, al primo caso.
La genesi del film ha un qualcosa di leggendario, tra produzioni fallite, attori ritiratisi poco dopo l’inizio delle riprese, nubifragi che devastano set, problematiche contrattuali…. si parla di qualcosa come 25 anni circa. È veramente il caso di dire che la perseveranza sia diventato un tarlo nella mente di Gilliam che non ha avuto pace fino alla sua definitiva realizzazione.
E quindi, ci prende per mano e ci accompagna nelle mirabili avventure di Toby Grisoni, un regista di spot che per caso si ritrova negli stessi posti in cui, in gioventù, ebbe a girare un film su Don Chisciotte, ritrovando anche gli improvvisati attori di un tempo. E quindi ritrova Javier, il calzolaio ingaggiato per la parte del romantico e folle cavaliere, talmente calato nel ruolo che è ancora convinto di essere il vero don Chisciotte, e da cui sarà scambiato per il suo ignorante e zotico scudiero Sancho Panza. E con lui, trasportato in folli scontri e incontri, ritroverà anche la bella Angelica, la giovane attrice di cui si era innamorato.
E piano piano, la realtà si mescola con la fantasia, e le pagine del libro prendono vita, fino a non distinguere più chi è il folle e chi il giusto, in sottile equilibrio tra il grottesco e l’amaro. Perché, in fondo, la visione del mondo del triste cavaliere della Mancha, è sempre molto migliore e poetica della realtà, fino al necessario e forse prevedibile epilogo.
Del regista c’è poco da dire, difficilmente canna un film, e anche nel caso non abbia successo di pubblico o critica, mantiene sempre uno spirito favolistico dolceamaro, poi io sono di parte perché rientra nel novero dei miei preferiti.
La fotografia è sul pezzo, con virtuosismi piacevoli (il cavaliere degli specchi e la lotta con i giganti al top).
Per il comparto attori, Jonathan Price azzeccatissimo, per la fisionomia e l’interpretazione di Javier/Don Chisciotte.
E altrettanto bravo Adam Driver (ancora lui, ultimamente lo trovo in tutti i film) che eredita la parte inizialmente assegnata a Johnny Depp e poi a Ewan McGregor. E forse è un bene considerando tutto, perche Driver sta diventando davvero un buon interprete.

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