Dune pt2 – 2024

Finalmente dopo due anni di attesa è uscito il capitolo 2 di Dune, trasposizione su pellicola da parte di Denis Villeneuve del primo romanzo della omonima saga di Frank Herbert. Il film riparte da dove si era interrotto, con Paul Atreides e la madre Lady Jessica che si aggregano ai Freman. Questi riconoscono in Paul il possibile Kwisatz Haderach, un essere messianico dotato di preveggenza e capacità di guidare il popolo per ribellarsi al giogo imperiale e al dominio che le casate hanno imposto sul loro pianeta per impossessarsi della Spezia, di cui è ricco. Inizialmente titubante sul ruolo a lui assegnato, per paura di scatenare la guerra santa che vede nelle sue visioni, Paul, ormai chiamato Usul il Muab Dib, decide di essere la guida che i fremen vogliono che sia. L impianto narrativo portato avanti da Villeneuve nel primo film prosegue qui mantenendo il solito potente impatto visivo, accompagnato dalla colonna sonora ad opera di Hans Zimmer ancora più pressante di suoni metallici che scandiscono i momenti salienti della pellicola, alternandola a momenti più delicati. Dal punto di vista stilistico, come detto, non fa una piega, la fotografia nei toni dell’ arancione ti fa percepire il deserto con la sua inospitalità ma anche con la padronanza che ne ha il popolo indigeno, contrapposto al saturatissimo bianco e nero che pervade invece il pianeta dei crudeli harkonnen, che hanno caricato di forti riferimenti nazisti. Il cast del primo film si arricchisce di altri volti importanti come Christopher Walken nei panni dell’ imperatore, di Florence Plugh nella di lui figlia, Lea Seydoux nel ruolo di Margot Fenning e Austin Butler nel letale psicopatico Feyd-Rautha Harkonnen. Esattamente come nel romanzo è ben presente la componente religiosa che sfocia in fanatismo per affermare i propri diritti e libertà, cosi come ci sarebbe da sottolineare l’imperialismo straniero che soffoca i popoli e i territori ricchi di risorse naturali, tema importante nel romanzo di Herbert e qui giustamente ben riportato. Non mancano, logicamente, dei difetti, come un montaggio un po’ frettoloso nella seconda parte del film che, se non si conosce la storia, può disorientare lo spettatore, e un attore protagonista, Timotee Chalamet, che è bravo nel dare sfumature di tristezza e fragilità ma manca un po’ del carisma necessario per assurgere a guida di un popolo. Cose che comunque passano in secondo piano rispetto ad una fattura complessiva eccellente. E poi ci sono i vermoni.

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