Salta al contenuto
Prima di tutto, bisogna tenere presente un assunto fondamentale, nell’affrontare un film di Lynch: un film di Lynch è come un testo di Battiato, non bisogna sforzarsi di capirlo, va solo guardato (o ascoltato, nel caso del cantautore siciliano) e gustato. Se cerchi troppo di dare un senso a tutte le immagini e a tutte le scene che passano rischi di impazzire, così come provare a rendere intellegibile ogni dialogo. Soprattutto negli ultimi film, il regista di Missoula gioca con la mente, presentando film in cui i personaggi si scambiano ruoli e non capisci chi è chi, e cosa succeda davvero, cosa sia realtà e cosa illusione. Ci sono quindi capolavori assoluti come anche film meno riusciti. Tra i primi nella filmografia di Lynch ci vanno messi assolutamente Mulholland Drive e Strade Perdute, mentre tra quelli meno riusciti, secondo me, ci rientra questo Inland Empire. La partenza è ottima, con un gioco metacinematografico pazzesco (Laura Dern è Susie, un attrice che interpreta un attrice in un film, in cui comincia a confondere la propria vita con quella cinematografica), nel proseguo è un po’ troppo confuso, e soprattutto, mi è mancata quella magia che c è di solito in un film di Lynch. Però ci sono, al solito, dei momenti evocativi pazzeschi, anche solo le scene dei Conigli, e un cast di grande valore che vede, oltre alla già citata Laura Dern, anche la presenza di Justin Theroux, Jeremy Irons, Harry Dean Stanton e Naomi Watts.
Questo sito utilizza i cookie per migliorare servizi e esperienza dei lettori.
Se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
We use cookies to ensure that we give you the best experience on our website. If you continue without changing your settings, we'll assume that you are happy to receive all cookies from this website. Ok Leggi di più