Dottor Strange Nel Multiverso Della Follia – 2022


Torna il dottore interpretato da Benedict Cumberbach per il milionesimo film del Marvel cinematic universe, siamo nell’ordine del 28esimo o giù di lì, seguito diretto del Dr Strange del 2016, e qui il signore delle arti mistiche se la dovrà vedere con un nemico terribile, niente popò di meno che la vecchia amica e collega negli Avengers, Wanda Maximoff, ormai passata al lato oscuro a causa della corruzione subita dal Darkhole, un libro demoniaco che consultava per ritrovare il metaverso (una serie di universi alternativi che sono simili ma diversi dal nostro e bla bla bla) in cui viveva con i suoi figli. Scarlett Witch, la nemesi negativa di Wanda, vuole impossessarsi dei poteri di America Chavez, una “passaporta”, e Strange cercherà di aiutare la ragazza a sopravvivere e sconfiggere, a malincuore, Wanda, e nel farlo viaggerà attraverso il multiverso in tante versioni della Terra e di sé stesso. Il film resta sulla falsariga degli altri, una baracconata ben confezionata e dalla sceneggiatura molto approssimativa, tanto, troppo legata alle altre uscite della fase 3, comprese le serie TV, e se uno è acerbo certi agganci non li prende bene. Ma il top player del film è Sam Raimi, a cui voglio bene a prescindere anche se dirigesse Gli Occhi Del Cuore, e il regista non si smentisce. Torna al supereroistico dopo quasi 20 anni dall’ultimo Spiderman della sua saga, e riesce a tenere su la baracca in maniera eccellente per lo sforzo e rendendo la pellicola decente alla visione, mantenendo il suo marchio di fabbrica, quei movimenti di macchina spinti al massimo, distorti e folkloristici, così come le trovate visive (spoilerone: lo zombieStrange è fantastico, e nella genesi e resa mutua molto dall’Armata delle Tenebre), che fatte da un altro sarebbero delle trashate incredibili, ma che il buon Raimi riesce sempre a gestire alla grande, facendoti godere un tocco vintage e quasi artigianale di cinema, quando invece siamo in un momento storico in cui si naviga in oceani di CGI in cui spesso viene privilegiata più la forma e poca sostanza. 

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