La Preda

Stanno correndo a perdifiato, nel freddo mattino di febbraio, gli inseguitori sono vicini, molto vicini, sentono perfettamente le loro urla e il calpestio deigli scarponi dietro di loro. Loro sono solo due, e i loro nemici almeno il doppio, li hanno visti, ormai è inutile cercare di nascondersi dietro qualche anfratto nel bosco, muovendosi silenziosamente. Ormai sono prede costrette a fuggire, qualunque tentativo di lotta sarebbe vano, sono in netta inferiorità numerica, hanno solo le loro lame, mentre i loro nemici hanno i fucili. Devono seminarli in qualche modo. Il terreno comincia ad essere sempre più spoglio di foglie e inclinato verso l’alto, il bosco che può dare loro protezione sta per diradarsi, per lasciare il campo a qualche piccola roccia fino alla sommità del monte, da cui poi potranno trovare rifugio in una selva fitta e buia. Riuscire a scavallare il monte potrebbe assicurargli la salvezza, ma quelle poche decine di metri allo scoperto potrebbero essere fatali, facilmente esposti ai loro colpi di fucile. Ancora pochi metri. Uno sparo. Un rumore sordo, e il suo compagno stramazza a terra. Ha uno squarcio nel fianco, e tossisce sangue. La pallottola ha perforato il polmone. È spacciato, e presto lo sarà anche lui se non prende una decisione. Si stanno avvicinando velocemente. I loro sguardi si incrociano, e il compagno a terra prende una decisione. Sa che non ha scampo. In qualche maniera riesce a rialzarsi. Lo guarda, fa un ghigno. L’amico capisce che sta cercando di dargli una possibilità. Cercherà di rallentare i loro nemici per agevolargli la fuga. Silenziosamente, si salutano con uno sguardo. Sono amici fraterni, non è necessario niente di più. Comincia a correre, più forte che può. Supera il limite del bosco e si arrampica sul versante, è allo scoperto ora, totalmente esposto, ma non può esitare. Percepisce dietro di sé i rumori di una lotta. Il suo amico si sta facendo valere. Uno sparo. Un secondo sparo, poi il silenzio. È finita, ma lui è ormai al di là del monte, verso la salvezza. 


Il sentiero tagliafuoco si snoda lungo un percorso piacevole, tra alberi di castagno e di frassino. A cavallo dei giorni tra inverno e primavera ha piovuto molto, e il sole dei giorni successivi ha favorito la rinascita stagionale. Il sottobosco è fitto, rigoglioso, profumato e colorato di fiori e bacche. È il momento più bello dell anno, un piacevole tepore avvolge l’aria in un abbraccio tipicamente primaverile. I tre stanno pedalando mentre parlano e scherzano. Non è la prima volta che fanno quella strada, ormai conoscono la zona perfettamente. La parte di percorso piacevole sta per finire, piano piano andranno ad affrontare pendenze lunghe, insistenti, sfiancanti, dove le diversità di attitudine si cominceranno a mostrare. Ognuno di loro è consapevole dei propri limiti, le parole si assottiglieranno per non sprecare fiato, i metri di distanza aumenteranno, così come la fatica e il tempo di reazione alle asperità del terreno. Non è la prima volta che fanno quella strada, ma per qualcuno di loro potrebbe essere l’ultima. Qualcuno li sta osservando. Lui. Nascosto nella vegetazione fitta, li guarda. È accecato dall’odio. Sa che non sono i suoi nemici, sa che probabilmente saranno vittime innocenti, ma non gli importa. È furioso. È sempre stato pacifico, vivendo ai margini della comunità, senza infastidire o cercare scontri inutili, ma era stato inutile. La follia ormai aveva contagiato tutti, solo per il fatto che lui e i suoi amici fossero diversi, sono stati allontanati sempre di più, e poi messi a pericolo della loro vita. Il suo fratello di vita, era morto, ucciso da loro, e lui vuole solo vendetta ormai. Non importa più chi o come, cerca solo sangue per vendicare altro sangue. Sa dove e quando andare a colpire, sarà necessario solo pazientare fino al momento opportuno. L’unica sua preoccupazione, fino ad allora, dovrà essere solo quella di seguirli senza farsi notare, muovendosi il più silenziosamente possibile nel sottobosco, muovendosi con circospezione, senza perderli di vista e senza fare nessun tipo di rumore. Ed è pienamente consapevole di sapere come fare, si è addestrato una vita a questo, è uno dei primi insegnamenti che ha ricevuto dai propri genitori, affinati poi in anni di vita nel bosco, per cacciare e sopravvivere ai nemici. Ha ben chiaro dove colpire, e chi colpire per primo. Ha già inquadrato la sua prima preda, deve solo aspettare che si stacchi abbastanza dal resto della compagnia per aggredirlo e finirlo, nel minor tempo possibile, una volta che sia fuori portata dagli altri. Non deve lasciargli il tempo di emettere un grido, deve prenderlo e piantare la sua arma dentro la sua gola, proprio lì, alla giugulare, dove il sangue pompa forte per lo sforzo e lo porterà alla morte in pochi secondi. L’ultimo della fila, quello che sta tronfiando, in debito di ossigeno. Ancora poche decine di metri, questo gli concede. Poche decine di metri, quando gli altri due compagni saranno troppo lontani, coperti dalla curva del sentiero, coperti dalla vegetazione, che non permetterà loro di accorgersi di cosa sta succedendo. E poi toccherà a loro. Ci siamo quasi. Sta stringendo le sue lame, affilate e pronte a portare morte, morte e vendetta. Ed ecco che la fortuna viene in suo soccorso. L’uomo si è fermato, stremato dalla fatica. Ha bisogno di un attimo si sollievo, un attimo per recuperare le forze, gli altri due sono fuori portata. È proprio questo il momento giusto per colpire. Si avvicina il più possibile al ciglio, restando sempre celato dagli arbusti. Stringe ancora più forte le sue armi. È pronto. L’uomo è sfiancato, non riuscirà a fare nessuna resistenza, riesce quasi a sentire il tamtam del cuore che batte forte, quel cuore che a breve non avrà più vita. È il momento. Serra i denti, raccoglie le sue forze, contrae i muscoli per il balzo finale, il balzo dell’agguato. Rilascia tutta la sua forza per saltare, mirando a quell’uomo vicino, alla sua gola. Ed è in quel momento, che percepisce di non essere solo. È in quel momento, che sente la presenza estranea a pochi passi da sé, il rumore del clic del cane che si arma, e del grilletto che finisce la sua corsa. Il rumore dello sparo arriva quando ormai la pallottola termina la sua corsa nel suo petto, mentre il suo cuore viene letteralmente spaccato in due dal proiettile. Gli ultimi pensieri, mentre stramazza a terra, mentre ricade quasi senza più un alito di vita nel corpo, non sono né di rabbia né di tristezza. Solo di ammirazione per quell’uomo che è riuscito ad ucciderlo senza permettergli di percepire la sua presenza.Il cacciatore esce dal sottobosco. Il corpo giace sul ciglio, senza vita ormai. Il sangue si sta spandendo sul selciato, una lucida coperta rossa e viscida. Guarda il ragazzo, spaventato ed esausto, quasi ancora incosciente del pericolo corso.”Erano settimane che ero sulle sue tracce, mi ha fatto percorrere diversi chilometri da quando li avevamo avvistati, tempo fa. Sei stato fortunato, ragazzo. Questo era bello grosso.”Ed al ragazzo, non resta che guardare la carcassa del lupo senza più vita, quasi ai suoi piedi. Quel corpo forte, muscoloso, ormai morto, quelle zanne affilate, pronte a squarciargli la gola.

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