Mulholland Drive – 2001
David Lynch è proprio una merda di uomo. E lo dico proprio così, schietto e sincero, con il massimo amore possibile. Non importa cosa pensi voglia mostrarti, ti illude, poi ti guarda, ti ride in faccia e svolta da un altra parte. È una di quelle relazioni tossiche in cui sei innamorato/a perdutamente, e la controparte ti fa sentire il centro del mondo salvo poi darti buca agli appuntamenti, ti riempie di regali quando non te lo aspetti, e ti lascia a bocca asciutta quando invece c è una festività, ti scopa alla morte, e poi finito tutto, si riveste e se ne va con un saluto. Te lo sai che non devi mai aspettarti quello che ti aspetti, ma tanto non serve, lo aspetti uguale,ed ogni volta sei come un bambino la mattina di Natale, quando stai per scartare i regali. Ed è quello che succede ad ogni film o serie di sua creazione. E naturalmente, anche nel caso di Mulholland Drive. Parte come un giallo mistery, con una donna misteriosa vittima di un incidente in cui perde la memoria, che viene aiutata da Betty, un aspirante attrice appena arrivata a Los Angeles, e poi…e poi. Poi non si dice, perché è spoiler e perché non è ben spiegabile, e perché non è neanche necessario né possibile spiegarlo, sarebbe blasfemia ogni cosa detta, e sarebbe sia giusto che sbagliato come un gatto di Schrodinger dentro una scatoletta blu. È Lynch che ti prende per mano dall’inizio del film, che ti presenta una serie di personaggi bizzarri e talmente assurdi da essere fantastici, che si barcamenano in situazioni altrettanto assurde e oltre lo scibile umano, a meno che tu non sia la mente del folle Davidone. Non gli si può che voler bene per il viaggio che ti fa fare, in cui ritrovi le sue caratteristiche principali, dalle riprese delle esterne così “classiche” per il suo modo di farle, alle stanze con tende (rosse, marroni, blu, un colore spesso indefinito), con le musiche come sempre distinguibili e particolari di Badalamenti, quelle aperture di archi che ricordano Twin Peaks ma che non lo sono. Ma tutto viaggia sul solito filo sottile tra onirico e mistery, a cavallo tra horror e psicologico, in un mix talmente senso e pregnante, che non puoi fare altro che guardare, zitto e muto, e che ti lascia con la sensazione di non sapere cosa hai guardato ma il desiderio, forte, intenso, di volerlo riguardare subito. E non hai che da chiederne ancora.
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