127 Ore – 2010

Aron Ralston è un escursionista americano che, il 26 aprile del 2003 si avventura in un escursione nel Blue John Canyon in Utah. La sua conoscenza e praticità del luogo gli permette, tra l’altro di rimorchiare due ragazze, senonché, una volta rimasto solo, la sua sicurezza e una buona dose di sfortuna ne causano la caduta in una gola, ma soprattutto il suo intrappolamento a causa di un grosso masso che resta incastrato tra la sua mano e la parete del Canyon, costringendolo ad una prigionia con poche speranze di sopravvivenza. Finisce ben presto i pochi viveri e la poca acqua che aveva con sé, e dopo cinque giorni (127 ore appunto) di disperazione, pentimento per i piccoli e grandi errori commessi nella sua vita e tentativi invano di liberarsi, quasi allo stremo delle forze, prende la drammatica ma inevitabile decisione di giocarsi il tutto per tutto amputandosi l’avambraccio incastrato con un coltellino economico, unica sua risorsa a disposizione. Tratto da una storia vera il film di Boyle è intenso e drammatico, e il momento dell’amputazione è da stomaco forte non tanto per quello che ti mostra ma per il dolore e la sofferenza palpabile nel protagonista, impersonato da un James Franco in gran forma. Tutto il film scorre bene ed è ben fatto, fotografia e location top, ma personalmente alcuni momenti, soprattutto nella parte ricordi e deliri, sono troppo impostati in forma quasi da videoclip, ma è anche la regia di Boyle che è sempre molto particolare. Ciò che è certo, come specificato nel finale del film, da quell’occasione Aron ha sempre, successivamente, lasciato detto dove sarebbe andato in escursione. 

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