Americani – 1992

Al Pacino, Jack Lemmon, Ed Harris, Kevin Spacey, Jonathan Pryce, Alan Arkin e Alec Baldwin. Di fronte ad un film con un cast così, non puoi che pigiare play e vedere cosa combinano. James Foley dirige questo cast corale su una sceneggiatura basata su una pièce teatrale, Glengarry Glen Rose. Il film è ovviamente esaltato dalle interpretazioni attoriali, sfruttando le doti principali dei vari coprotagonisti: il sempre istrionico e sopra le righe Pacino, il gigione Spacey, ottimo comprimario il carismatico Harris, e la caratura di Lemmon, forse troppo spesso “ridotto” a puro attore di commedia. La parte un po’ debole del film è il ritmo, un po’ troppo piatto forse, e la forte connotazione New York primi anni ’90, con un ormai troppo classica e datata colonna sonora new jazz. Le vicende della pièce girano attorno ad un ufficio di venditori, che, in un puro e ostile clima capitalistico, devono chiudere contratti di vendita, pena il licenziamento. Parlantina, pochi scrupoli, frodi e disperazione e abbattimento psicologico per le proprie difficoltà diventano lo specchio della società americana, dove il collega è solo collega, e nuoto a vista in una vasca di squali. Avendo personalmente provato sulla mia pelle un lavoro di vendita pura, provvigioni e ansia di risultato, è facile vedere come, nonostante le migliaia di km e gli anni di distanza, le dinamiche siano le medesime, e al tempo stesso i profili dei professionisti della vendita, non siano solo cliché ma veri e propri modus operandi, a cui la situazione contingente ti obbliga, in qualche maniera, ad adeguarti. Non esiste altra cosa che il tuo obiettivo da raggiungere, il primo e l’ultimo pensiero della giornata, e sei pronto a tutto pur di raggiungerlo, per soddisfare la fame del falso bisogno di prestigio sociale ed economico che ti è stato inculcato.
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