The Zero Theorem -2013

Mi fa un po’ triste recensire questo film. Mi fa triste perché Gilliam è uno di quei registi i cui film aspetto sempre in trepidante attesa, con un hype motivato dal piacere di guardarli, per le idee che mette, per come le realizza e per la commistione di generi che crea, con quell’anima folle che li caratterizza. E parlar male di un suo film mi fa un po’ male. Perché purtroppo questo film, almeno per quanto mi riguarda, è un passo falso. Non dico che sia brutto, ma alla fine mi risulta un po’ inconcludente, un po’ sciatto. Peccato, perché le premesse c’erano. 
Un impiegato amorfo e sociopatico di un azienda (Christoph Waltz), in un futuro distopico, è ossessionato dalla necessità di ricevere una telefonata che risolverà i suoi dubbi e chiarirà una volta per tutte il suo desiderio di sapere il senso della vita (un richiamo ai Monty Python?). Nel frattempo, viene incaricato dal Management, una misteriosa figura a capo dell’azienda, di risolvere lo Zero Theorem, che al contrario dimostrerebbe che non c’è alcun senso, ma solo un grande buco nero che non porta a niente. Nello svolgimento, pur contro la sua volontà di solitudine e isolamento, sarà giocoforza costretto ad interagire con diversi personaggi più o meno invadenti e graditi.
Dal punto di vista scenografico e della fotografia ci sono molte affinità con “l’esercito delle 12 scimmie”, dal punto di vista visivo è molto gradevole.

Fondamentalmente credo vorrebbe essere uno scontro filosofico tra i concetti di fede e caos, in cui la fede in qualcosa di oltre sarebbe una liberazione mentre il caos nascerebbe dal controllo, ma mi è risultato molto faticoso da seguire, confuso e ostico. 
Scusa Terry, ma credimi, fa più male a me che a te… è come dire ad una nonna che ha fatto una pasta scotta e insipida. 


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