Il Nome della Rosa – serie tv

Anno 2019
Episodi 8
“Nessuno è Santo, ma qualcuno è meno santo di altri.” (Cit. Guglielmo da Baskerville)

Palo. Questa è la sensazione che mi viene da pensare alla fine della visione di questa serie di produzione italiana.
Palo, perché è un discreto prodotto ma a cui manca qualcosa.
Ovviamente la serie si basa sul romanzo storico/filosofico di Umberto Eco, ambientato nel 1300 in un abbazia benedettina nelle Langhe, dove si svolgono misteriosi omicidi in concomitanza di una disputa tra la chiesa cattolica, sotto la guida di Papa Giovanni XXII, nel periodo della cosiddetta cattività Avignonese, ormai secolarizzata, corrotta e opulenta, e gli esponenti degli ordini minori, particolarmente i francescani, che invece auspicano il ritorno alla povertà e carità. Posizioni divergenti ed ancora più in contrasto per l’ingerenza dell’imperatore Ludovico il Barbaro a favore dei francescani, con il chiaro intento di indebolire il potere del pontefice. Come detto, in questo complicato periodo storico di contrasti di fede e contrasti fisici, inquisitori severi e crudeli come Bernardo Gui e caccia alle streghe, (si svolgono al contempo le repressioni dei frati combattenti dulciniani, condannati come eretici), un francescano, ex inquisitore pentito per le brutalità della chiesa, Guglielmo da Baskerville, insieme al suo novizio Adso da Melk, viene chiamato dall’Abate Abbone, per trovare il colpevole di alcuni strani omicidi che avvengono nell’abbazia, 
Il cast è di tutto rispetto: John Turturro come Guglielmo, Rupert Everett come Bernardo Gui, Michael Emerson l’abate, Fabrizio Bentivoglio Remigio, Alessio Boni Frà Dulcino, Stefano Fresi come Salvatore e James Cosmo nei panni di Jeorge De Burgos.
Ai punti John Turturro perde il confronto con il suo predecessore, Sean Connery, anche se oltre ad un maggior carisma del vecchio scozzese, nella messa in scena precedente la priorità era data al personaggio principale, al contrario di questa versione e del libro da cui sono tratte. Altre interpretazioni degne di nota sono quella di Emerson, che è perfetto per inscenare il vile ipocrita e pavido abate, e Fresi nel ruolo del deforme e ritardato Salvatore.
Quello che funziona bene in questo film è il messaggio principale e l’attinenza al romanzo originale (nonostante un paio di variazioni sugli accadimenti e l’introduzione di un personaggio in più, piuttosto inutile e che porta ad un lieto fine non previsto dal libro ma che segue invece il film degli anni 80 di Jean Jaques Annaud con il già nominato Sean Connery), soprattutto per il risalto dato al momento storico.
Le location sono fenomenali, bellissime, tutte del centro Italia, soprattutto in Abruzzo. 
Quello che non va, a mio avviso, è una regia di Battiato con inquadrature troppo da fiction italiana, che perde un po’ la densità della storia, e una fotografia troppo “pulita”, dove invece il suo predecessore era ben più scuro, più pessimista e calzante (non a caso la fotografia vinse molti premi).
Un altra pecca che non gli perdono, è che,nelle riprese nei chiostri, fatte a Cinecittà nel periodo in cui l’ho visitata, cazzo, si vede benissimo ad un certo punto dell’ottava puntata, che i colori del cielo sono innaturali rispetto al resto della scenografia..una post produzione fatta alla cazzo di cane tutta italica 
 Nel complesso è un prodotto che si fa guardare e comunque ben confezionato, ma con pochi accorgimenti in più poteva essere più che buono.



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