Suspiria – 2018

A distanza di 40 anni, esce questa rivisitazione di uno dei capolavori di Dario Argento, ad opera di Luca Guadagnino.Fortunatamente non si tratta né di un remake né di un sequel e neanche un reboot, scelta azzeccata da parte del regista e dello sceneggiatore, perché il paragone con una pietra miliare del cinema horror italiano sarebbe stato rischioso. Il fandome, di chiunque si tratti, è spesso impietoso e soprattutto ortodosso.
In questo caso, si tratta solo di un ispirazione tratta dal soggetto del film originale, quindi permette una maggiore libertà al regista.
Dal punto di vista della trama non c’è bisogno di ricordare di che tratta, vero?
L’ambientazione si sposta da un collegio svizzero ad una scuola di danza a Berlino, ancora divisa dal muro, in piena guerra fredda, e nel momento in cui il movimento delle Raf (banda Baader Meinhoff) operava i suoi attentati terroristici e omicidi politici, di chiara ispirazione marxista leninista.
In questo contesto, Susy (Dakota 50 sfumature Johnson), una ragazza americana ripudiata dalla madre fanatica religiosa mennonista, entra in questa prestigiosa compagnia di danza, e in pochi giorni conquista l’ammirazione dell’insegnante e coreografa Madame Blanc (una bravissima Tilda Swinton, in scena con tre ruoli diversi) e il ruolo di protagonista nel prossimo spettacolo. Ma non tutto è come sembra.
Allora, il film mi è piaciuto abbastanza, soprattutto per la messa in scena e il coraggio nell’affrontare e rivedere il precedente.
Dal punto di vista stilistico è ineccepibile, la regia e il montaggio sono ispirate e evocative, e la prima ora di film ero estasiato perché di discreta potenza visiva e coinvolgente. La fotografia è perfetta così come la costruzione scenografica. E la colonna sonora è ad opera di Tom Yorke. Però ci sono dei però. Per quanto mi riguarda, c’è una mezz’ora di troppo di film, o comunque la parte centrale, diciamo atto 4 e parte del 5, più o meno, perde un po’ di mordente, o per lo meno mi ha un po’ “stancato”, distogliendomi attenzione. E potrebbe essere commentabile il Grand Guignol finale, durante il sabba, perché restano un po’ confuse alcune cose.  Personalmente lo ritengo nel complesso un bel film, ma forse troppo orientato ad una fighezza e autocelebrazione da parte del regista, quasi a voler dire “vedete quanto sono bravo?”. Ho trovato un po’ di mancanza di cuore, ecco. Anche se, nel panorama cinematografico italiano, fa la sua bella figura.


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