Hyperion (1989) e La Caduta di Hyperion (1990) – Dan Simmons

“Hyperion è una variabile ignota in una galassia dove ogni variabile è stata quantificata.”Come da programma, al termine del ciclo delle stagioni di Simmons, mi sono buttato sulla lettura del ciclo di Hiperyon, incuriosito dall’alone mistico su questo narratore di fantascienza.E dico, per fortuna ho avuto modo di affrontare precedentemente questo stile di scrittura, perché altrimenti molto probabilmente non darei arrivato in fondo.A livello di trama e idee nulla da dire, anzi, un notevole costrutto fantascientifico, condito da distopia, viaggi temporali e misticismo, con l’introduzione della semidivinità cibernetica Shrike e le Tombe del Tempo, con sottotrame incatenate e una lunga schiera di personaggi,  molti omaggi ai poeti William Yeats e John Keats (quest’ultimo in qualche modo protagonista della storia, sotto forma di cibrido) autore del poema I Canti di Hyperion cui si è ispirato Simmons, oltre a diversi colpi di scena e cambi di interpretazione sulle vicende e i vari accadimenti.

Non so quanto è da attribuire alla stanchezza serale degli ultimi tempi, ma non mi ha scatenato quell’entusiasmo e desiderio irresistibile di leggere fino allo sfinimento, considerando che sono circa 900 pagine in totale e ho iniziato il tutto nell’estate.Forse posso dire che per il mio punto di vista ha un po’ troppo tirato per le lunghe soprattutto nella seconda parte con troppe tracce complicazioni di trama, ma lo stile continua a restarmi un po’ indigesto.Peccato, perché con un altro tipo di scrittura a me più congeniale l’avrei divorato.Prossimamente, a tempo debito, mi dedicherò anche al resto della tetralogia, cioè Endymion e Il risveglio di Endymion, ma adesso necessito di un po’di decompressione con altri stili.

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