Automatic For The People – R.E.M.

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Oggi faccio uno strappo alla regola che mi sono dato nel decidere di scrivere per questo blog, ovvero sia raccontare le cose che mi colpiscono o che vivo nell’immediato, può essere un viaggio, un libro, in film. Ma in fondo il bello dello scrivere un articolo su qualcosa  è anche questo. E non ultimo, ogni tanto le regole vanno infrante, disattese, accantonate.

Oggi, mi voglio dedicare ad un po di amarcord.
Oggi, sono 25 anni esatti dall’uscita di Automatic For The People. 25 anni, un quarto di secolo. Se fosse un matrimonio, sarebbero le nozze d’argento. Ma questo disco, è in realtà oro.
Ora, ad essere onesto, non posso dire di averlo comprato appena uscito o amenità del genere. 25 anni fa, avevo appena 14 anni, un età in cui ancora musicalmente sei immaturo, non hai un identità propria, oltretutto in un periodo in cui internet era ancora un utopia, almeno in Italia, e non c’era ancora un libero accesso alla musica. Si limitava tutto a quello che veniva passato in radio, o eventualmente sui primi canali musicali. Solo il passaparola ci salvava da ciò che non era mainstream. Fortunatamente, l’incontro con questo album non ha dovuto attendere molto, neanche un paio di anni e non mi sbaglio di molto.
Innanzitutto, spaziando nell’orizzonte musicale di quel periodo, non si può certo dire che mancasse la fecondità artistica. Nei primissimi anni ’90 sono usciti dei veri e propri top player, da Achtung Baby, Zooropa (U2), Ten, Vs (Pearl Jam), Innuendo (Queen), Nevermind, In Utero (Nirvana), Use Your Illusioni 1 & 2 (Guns’n’Roses), Blood Sugar Sex Magic (Red Hot Chili Peppers), Metallica (omonimo, e meglio conosciuto come Black Album), Wish (The Cure), Get A Grip (Aerosmith) e un’altra miriade di dischi di caratura superiore, anche per quanto riguarda il mercato discografico italiano.
Soprattutto, è la naturale continuazione di Out Of Time. Automatic e il disco precedente sono lo Ying e lo Yang, il buio e la luce, la gioia e la tristezza, il giallo e il blu. Se Out of Time, nonostante tutto, era un disco positivo, giocoso, con liriche piuttosto portate al movimento, Automatic è cupo, nostalgico, riflessivo.
Le 12 tracce affrontano temi come la solitudine, la morte, il dolore di vivere, la melanconia dei ricordi di un eta spensierata. Non mancano momenti politici, come Ignoreland, o pezzi strumentali che interrompono l’intensità delle parole di Stipe.
Non di meno, la bellezza e l’intensità di questo album è sottolineata anche dal numero di singoli estratti, ben 6, e tutti pezzi da 90.
1) Drive: la prima traccia, è ipnotica, coinvolgente, nonostante la sua semplicità.
2) Try Not to Breath: è forse nella top 3 dell’album, intensa, dolorosa, apertamente indirizzata verso la morte, la necessità di chiudere gli occhi dopo una vita faticosa e giunta ormai alla sua conclusione. Forse è sottovalutata rispetto ad altri pezzi dell’album, ma è una delle mie preferite.
3) The Sidewinder Sleep Tonite: sembra ravvivare un po’ l’ambiente, è chiaramente ispirata a The Lione Sleep Tonight, dove il leone è sostituito dal crotalo (sidewinder), e parla di un homeless che riceve telefonate in una cabina telefonica, probabilmente dalla famiglia lontana. Chiamami quando provi a svegliarla.
4) Everybody Hurts: Capolavoro. La sofferenza, la necessità di essere consolati, di trovare conforto nelle parole di un amico, in un abbraccio, perché tutti stanno male, e bisogna comunque sopportare e tirare avanti, perche tutto passa. La voce di Stipe raggiunge un intensità tale da prevaricare tutto il resto, solo l’armonia crescente degli arpeggi riesce a stargli dietro.
6) Sweetness Follow: anche questa traccia poteva avere più fortuna, se non fosse capitata in un album pressoché perfetto. La dolcezza dell’amore di un figlio verso i genitori morti, nel ricordo dei bei momenti passati insieme
7) Monty Got a Raw Deal: dedicata a Montgomery Clift, che perse il successo e il lavoro a causa delle sue inclinazioni sessuali nel bigottismo americano degli anni 50/60
8) Ignoreland: rabbia, frustrazione, protesta, contro Bush Senior e la sua politica, allora presidente degli Stati Uniti
9) Star Me Kitten: la traccia più ignorabile
10) Man On The Moon: altro enorme successo dell’album, la canzone dedicata apertamente a Andy Kaufman, geniale, istrionico comico americano, morto prematuramente per un tumore. Ripercorre alcune delle trovate più divertenti di Kaufman, come il wrestling contro orsi, le imitazioni di Elvis, ecc con i classici paesaggi statunitensi, e momenti importanti della storia.una canzone tutto sommato scanzonata, da viaggio. Sempre che tu creda davvero che abbiano mandato un uomo sulla Luna.
11) Nightswimming: Qui, letteralmente, standing ovation. Una canzone pervasa dalla nostalgia e dalla malinconia, i ricordi che improvvisamente riaffiorano, basta solo la luce di un lampione che riflette sul vetro dell’auto una foto scattata tanti anni prima, e ritorni all’adolescenza, alla libertà, la spensieratezza, il brivido di un bagno notturno, nudi, sotto una luna che cosi piena e luminosa non è mai stata, che non tornerà più, cosi come non torneranno quei momenti. Settembre arriva veloce, mi struggo per questa luna, e pensa se ce ne fossero due in cielo, intorno al sole più luminoso. Un inno alla giovinezza, alla sua incoscienza. Se non è malinconia questa…
12) Find The River: Anche questo pezzo è sottovalutato, in realtà è la canzone più positiva, almeno è pervasa dalla speranza, dalla ricerca di trovare la propria strada, come un fiume che percorre il suo corso fino al mare, cosi,  dobbiamo vivere la propria vita secondo le nostro convinzioni e mai fermarsi di fronte agli ostacoli.
E, di fronte a un capolavoro del genere,l’unica cosa da fare, è premere play, chiudere gli occhi, e lasciarsi trasportare nell’oblio.
Link Amazon per l’edizione speciale, ottimo regalo natalizio…
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