Seconda visione a distanza di pochi mesi, e nonostante ciò le chiavi di lettura della pellicola (o volendo, delle pellicole) restano oscura. Allo stesso modo, resta una sospensione del giudizio (personale) sul film. Aspettate, qui non c’è proprio niente da contestare eh, qui la mia indecisione è tra “Film strabello” e “capolavoro”, perché è nettamente in bilico. È un Lynch in tutto e per tutto, un noir onirico e spiazzante, con la solita fotografia clamorosa che tanto ama il nostre Davidone e che piace tanto a noi e che tanto ci piacerebbe replicare nei nostri scatti quotidiani, con quelle luci azzeccate e con una colonna sonora clamorosa, che oltre alla consueta collaborazione con Angelo Badalamenti vede anche la presenza importante di brani di David Bowie (I’m deranged, in apertura e chiusura di film a sottolinearne la circolarità) ma anche Rammstein, Marilyn Manson e Trent Raznor, quindi si, è una soundtrack con i controcazzi. Così come il film, che vede come protagonisti Bill Pullman (in una parte in cui la sua goffaggine naturale si esalta e diventa un personaggio assolutamente credibile e ambiguo) e Patricia Arquette in un doppio ruolo. Sulla trama c è tanto e allo stesso tempo c è poco da dire, è la costruzione di tutto il film ad essere predominante, grazie ad una sceneggiatura prepotente e precisa nelle sue sfaccettature filosofico/matematico, e che si svolge prendendo spunto dal Nastro di Moebius, dove non c’è un inizio e una fine ma solo un durante. E niente, è solo da guardare.
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