
Sull’onda di un ritorno del cinema ai mostri “classici”, ecco arrivare un nuovo adattamento della storia di Frankenstein e della sua creatura, e non poteva esserci artefice migliore di Del Toro. Il regista messicano è sempre stato nelle sue opere dalla parte del mostro, del freak, del diverso, che nonostante l’aspetto minaccioso o terrificanti ha doti e sentimenti ben più dei corrispettivi umani spesso antagonisti se non proprio villain. Sin dall’ inizio della sua carriera, salvo rare eccezioni, il male non era dalla parte che ti aspetti. La Spina Del Diavolo, Il Labirinto Del Fauno, La Forma Dell’ Acqua, Nightmare’s Alley, sono tutte sceneggiature originali che toccano questi temi (e personalmente due sono capolavori ed uno un grande film). Ovviamente il ricorso frequente a questo tipo di poetica può poi sembrare un po’ scontato e sai più o meno già cosa ti aspetti, ma a quel punto subentrano altri fattori, dalle prove attoriali, ai costumi, le scenografie e alla mano del regista, se riesce dare quel quid in più ad una storia oltretutto ipersfruttata nel cinema e non solo. Il romanzo di Mary Shelley è uno dei più trasportati nel cinema, ma spesso riducendo la creatura a un essere goffo, decerebrato e senza morale. In realtà nel racconto originale era si pieno di rabbia e compie gesti empi, ma come conseguenza del rifiuto subito dal suo creatore e dalla consapevolezza di essere un mero esperimento, un mostro assemblato per mero gioco a fare il dio. Infatti nelle pagine con il racconto di Viktor, questo non è che poi passi proprio come una personcina per bene, mentre nei capitoli dedicati al monologo del mostro, quello che dovrebbe essere il cattivo si dimostra molto più umano del suo padre e padrone. Ed è questo aspetto che viene utilizzato da Del Toro, mettendo in primo piano la creatura con i suoi sentimenti, il suo dolore per una rivita che non potrà mai essere completa e nella società in quanto frutto di un ossario, come si autodefinisce. Il film non è perfetto ed estremizza molto i due personaggi, che però godono di due belle prove attoriali, con Oscar Isaacs uno sciroccatissimo Viktor, freddo e quasi spietato nel compiere il suo obiettivo, e Jacob Elordi in quello della creatura, cui da una profondità e umanità quasi commovente. Come sempre nei film del regista la fotografia e il reparto costumi e scenografie spaccano il culo a tutti, e la colonna sonora di Desplat ci sta a pennello.

